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Il Grande Gatsby

Il Grande Gatsby

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DA WIKIPEDIA

Il grande Gatsby (The Great Gatsby) è un romanzo di Francis Scott Fitzgerald pubblicato per la prima volta a New York il 10 aprile 1925 e definito da T.S. Eliot «il primo passo in avanti fatto dalla narrativa americana dopo Henry James».

Ambientato a New York e a Long Island durante l’estate del 1922, Il grande Gatsby è il più acuto ritratto dell’anima dell’età del jazz, con le sue contraddizioni, il suo vittimismo e la sua tragicità. La storia, che seguendo la tecnica di Henry James viene raccontata da uno dei personaggi, narra la tragedia del mito americano che aveva retto il paese dai tempi dello sbarco a Plymouth Rock e può essere considerata l’autobiografia spirituale di Fitzgerald che, ad un certo punto della sua vita, chiuso con l’alcolismo e con la vita da playboy, voleva capire quali fossero stati gli ostacoli che avevano fatto inabissare la sua esistenza.

In questo libro, come scrive il suo biografo Andrew Le Vot[1], Fitzgerald «riflette, meglio che in tutti i suoi scritti autobiografici, il cuore dei problemi che lui e la sua generazione dovettero affrontare… In Gatsby, pervaso com’è da un senso del peccato e della caduta, Fitzgerald assume su di sé tutta la debolezza e la depravazione della natura umana».

Indice

TramaModifica

Copertina della prima edizione italiana del romanzo Gatsby il magnifico (poi tradotto come Il grande Gatsby) pubblicato da Mondadori nel 1936
«La sua vita era stata confusa e disordinata… Ma se poteva ritornare a un certo punto di partenza e ricominciare lentamente tutto da capo, sarebbe riuscito a scoprire qual era la cosa che cercava.»

L’adolescente James Gatz, figlio di poveri contadini del Nord Dakota, fugge dalla famiglia convinto di poter trasformare se stesso e costruirsi una nuova identità.

«James Gatz: era questo il suo nome vero, o almeno quello legale. Lo aveva cambiato a diciassette anni, nel momento in cui ebbe inizio la sua carriera: quando vide lo yacht di Dan Cody gettar l’ancora nella secca più insidiosa del Lago Superiore»

Egli incontra il ricco proprietario di uno yacht, Mr Dan Cody che, grato perché il giovane lo avesse avvertito della presenza di uno scoglio che avrebbe potuto far affondare la sua imbarcazione, lo assume e gli fornisce una «giacca azzurra, sei paia di calzoni bianchi e un berretto con visiera da yacht».

James, che adotta lo pseudonimo Jay Gatsby, viene inviato a Louisville per un addestramento militare e lì si innamora di Daisy Fay, un’affascinante ereditiera di diciotto anni che ricambia i suoi sentimenti. I due trascorrono insieme un felice periodo e, quando Gatsby è in procinto di partire per la Prima guerra mondiale, si giurano eterna fedeltà. Ma quando Gatsby, che si trova in Europa, viene a sapere che Daisy ha sposato un famoso giocatore di polo di Chicago, Tom Buchanan, giura di riconquistarla.

Fatta definitivamente propria l’identità di Jay Gatsby, il giovane si reca in Inghilterra dove frequenta l’ambiente di Oxford per cinque mesi, e alla fine ritorna in America dove, diventato ricco grazie al contrabbando e ad altre attività illecite, compra nell’aristocratico villaggio di West Egg – toponimo fittizio utilizzato da Fitzgerald per riferirsi alla località di Kings Point, sulla costa settentrionale di Long Island – un’enorme villa situata sulla sponda opposta del villaggio di East Egg – pseudonimo di Sands Point –, esattamente di fronte alla casa dove Daisy trascorre le estati con il marito Tom. Gatsby, che vuole ad ogni costo riconquistare Daisy, è sicuro che il suo sogno si trasformerà in realtà e da quel momento ogni sua azione sarà tesa a quell’unico scopo.

Nick Carraway, che nel romanzo ha funzione di narratore, esprime la visione di un mondo opposto a quello di Gatsby: conformista, moralista e puritano. Nato, come egli stesso racconta, da una famiglia agiata e influente del Middle West, Nick si laurea a New Haven nel 1915 ed intraprende un tranquillo, anche se non molto redditizio, lavoro in borsa, accontentandosi sempre di alloggiare in appartamenti modesti. Nick rappresenta un mondo opposto a quello di Gatsby ma dovrà riconoscere che «c’era in Gatsby qualcosa di splendido, una sensibilità acuita alle promesse della vita».

Anche Nick abita a West Egg, a trenta chilometri dalla città, in un modesto villino confinante proprio con la tenuta di Gatsby:

«La mia casa era all’estremità dell’uovo, a una cinquantina di metri soltanto dallo stretto, presa tra due edifici enormi […]. Quello alla mia destra era qualcosa di colossale sotto tutti i punti di vista: una copia accurata di qualche Hôtel de Ville della Normandia, con una torre da una parte, incredibilmente nuova sotto una barba rada di edera ancora giovane, una piscina di marmo e più di venti ettari di prato e giardino. Era il palazzo di Gatsby. […] Quanto alla mia casa, era un pugno in un occhio, ma un pugno tanto piccolo da essere trascurabile, così avevo il panorama sul mare, una vista parziale sul prato del mio vicino e la rassicurante prossimità di gente milionaria, tutto per ottanta dollari al mese»

Una sera Nick viene invitato a cena a casa di Tom Buchanan, che ha sposato Daisy – cugina di Nick “in seconda dal lato paterno” – e conosce l’amica di Daisy, Jordan Baker, giocatrice di golf con la quale egli intreccerà una breve relazione. Il matrimonio di Daisy e Tom, pur essendo all’apparenza tranquillo, non ha solide basi. Tom ha per amante Myrtle, la moglie di George Wilson, un meccanico che possiede un’officina sulla strada che porta a New York in una zona squallida e desolata; un pomeriggio, mentre Nick si sta recando a New York in treno con Tom, questi gliela fa conoscere.

Trascorrono i giorni e Nick, che ogni sera ascolta la musica proveniente dalla casa di Gatsby e osserva il via vai di gente che partecipa alle sfarzose feste che si svolgono nei suoi giardini, non ha ancora conosciuto il suo famoso vicino: l’ha solamente intravisto da lontano, una sera, in piedi davanti alla villa, che tendeva le braccia con un gesto di desiderio verso la “luce verde” che brillava nella notte. Quella luce, come scrive Rollo May[2], «è simbolo del mito americano: essa allude a nuove potenzialità, nuove frontiere, la nuova vita che ci attende dietro l’angolo […] Non esiste destino; se esiste, lo abbiamo costruito noi stessi […] La luce verde diventa la nostra più grande illusione… nasconde i nostri problemi con le sue infinite promesse, e intanto distrugge i nostri valori. La luce verde è il mito della Terra Promessa che genera ideali alla Horatio Alger».

Ma un giorno Nick riceve un invito:

«Uno chauffeur in uniforme azzurra, come un uovo di pettirosso, quel sabato mattina di buon’ora attraversò il mio prato con un biglietto straordinariamente cerimonioso del suo padrone; esso diceva che Gatsby si sarebbe sentito onorato se quella sera avessi partecipato alla sua “festicciola”»

Alla festa trova Jordan e ha modo così di conoscere Gatsby che mantiene sempre un atteggiamento riservato e moderato. Si reca ad un paio delle sue feste e un giorno Gatsby si reca a trovarlo:

«Una mattina alle nove, verso la fine di luglio, l’automobile smagliante di Gatsby sbucò sul viale roccioso che conduceva al mio cancello … Era la prima volta che Gatsby veniva a trovarmi, benché fossi andato a due delle sue feste, avessi girato con lui sul suo idrovolante, e dopo inviti ripetuti mi fossi servito frequentemente della sua spiaggia»

E inizia a raccontare della sua vita come a voler scacciare le accuse «che davano sapore alla conversazione nei suoi salotti».

Gatsby racconta a Nick che egli era di famiglia agiata e che i suoi erano ormai tutti morti; che era stato allevato in America ed educato a Oxford, che aveva viaggiato e che aveva partecipato alla guerra diventando maggiore. Egli mostra a Nick la medaglia con cui era stato decorato e una fotografia di Oxford presa al “Trinity Quad”, convincendolo così che quanto stava dicendo era la verità:

«Era la fotografia di una mezza dozzina di giovanotti in maglione a righe sparsi in un cortile al di là del quale si scorgeva una schiera di guglie. C’era Gatsby con l’aria un tantino più giovane e una mazza di cricket in mano. Allora era vero tutto»

In quell’occasione Gatsby gli dice che ha intenzione di chiedergli un grande favore. Così, tramite Jordan Baker, Gatsby chiede a Nick di fargli incontrare Daisy a casa sua. Nel frattempo Nick viene a conoscenza della storia di Daisy e Gatsby attraverso il racconto di Jordan. Nick invita Daisy a casa sua per prendere un tè e i due si incontrano:

«”Sono molti anni che non ci vediamo” disse Daisy con la voce più normale che le riuscì di trovare. “Saranno cinque a novembre”»

Dopo una festa di Gatsby alla quale Daisy partecipa con il marito, egli è sicuro di aver ritrovato per sempre la donna tanto amata ed è certo di poter ripetere in tutto il passato e confida a Nick il suo sogno:

«Pretendeva nientemeno che Daisy andasse da Tom a dirgli: “Non ti ho mai amato”. Dopo che avesse cancellato quattro anni con quella frase, avrebbero potuto decidere sui passi più pratici da fare. Uno di questi consisteva nel ritornare a Louisville, dopo che Daisy fosse stata libera, e sposarsi in casa di lei come se fossero stati ancora al punto di cinque anni prima»

Ma Nick dice: «Non si può ripetere il passato». «”Non si può ripetere il passato? Ma certo che si può» risponde Gatsby.

Daisy si recherà quasi ogni pomeriggio da Gatsby illudendolo così nel suo sogno fino a quando, in un afoso pomeriggio, Daisy, Tom, Nick, Jordan e Gatsby cercano sollievo recandosi a New York in un albergo affittato per l’occasione. Qui Tom provoca Gatsby davanti a tutti con insinuazioni sul suo conto fino a quando chiede direttamente a Gatsby cosa vuole da sua moglie: «Voglio sapere che cos’ha da dirmi il signor Gatsby» e ancora «Vostra moglie non vi ama» dice Gatsby, «Non vi ha mai amato. Ama me». Ma Daisy è riluttante e quando Gatsby pretende che lei lo dica a Tom ella protesta dicendo «Pretendi troppo». Gatsby cerca di parlarle:

«Ma ad ogni parola lei si ritirava sempre più in se stessa, finché lui rinunciò e soltanto il sogno morto continuò a battersi mentre il pomeriggio svaniva, cercando di toccare ciò che era di più tangibile, sforzandosi, infelice e senza disperazione, di raggiungere la voce perduta di là dalla stanza»

Sulla strada del ritorno, mentre passano davanti all’officina di Wilson, Myrtle, tenuta chiusa in stanza dal marito che sospetta un suo tradimento, riesce a fuggire ma viene investita dalla macchina di Gatsby guidata da Daisy che non si ferma e prosegue la sua corsa fino a East Egg dove la raggiunge Tom al quale lei si affida pur non rivelandogli la verità.

Myrtle rimane uccisa sul colpo e Wilson, preso dalla disperazione e deciso a vendicarsi, va da Tom con la pistola per ucciderlo.

Ma quando Tom gli rivela che la macchina che aveva investito Myrtle la guidava, come lui credeva, Gatsby, Wilson si reca da Gatsby che sta facendo un bagno in piscina e continua a sperare che Daisy appaia.

Verrà ucciso da Wilson che a sua volta si suiciderà. Lo chauffeur, il maggiordomo, il giardiniere e Nick si avviano correndo verso la piscina:

«Vi era, appena percettibile, un movimento dell’acqua mentre il flusso fresco si dirigeva faticosamente verso lo scarico dell’altra estremità della piscina. Con piccole increspature che erano appena ombre di onde il materasso carico si spostava a caso nella piscina. Un alito di vento che riusciva appena a corrugare la superficie dell’acqua bastò a interrompere l’accidentale percorso col suo carico accidentale. Un fascio di foglie, sfiorandolo, lo fece girare lentamente, tracciando nell’acqua un sottile circolo rosso. Fu quando ci eravamo già avviati con Gatsby verso casa, che il giardiniere vide il cadavere di Wilson leggermente discosto nell’erba, e l’olocausto fu completo.»

Nick si trova solo ad affrontare la situazione. Telefona a tutti, anche a Daisy, ma viene a sapere che proprio sua cugina è partita da mezz’ora assieme a Tom, senza comunicare la propria destinazione. Due giorni dopo arriva un telegramma da una città del Minnesota firmato Henry C. Gatz, che chiede di rinviare il funerale fino al suo arrivo:

«Era il padre di Gatsby, un vecchio solenne, molto sgomento e costernato, infagottato in un gran cappottone da poco prezzo contro la calda giornata di settembre.»

Il giorno del funerale Nick chiede al ministro luterano di aspettare ancora mezz’ora. Egli spera ancora che arrivi qualcuno. «Ma fu inutile. Non venne nessuno». In realtà una persona arriva, è l’ubriacone delle feste che Nick aveva trovato tre mesi prima nella biblioteca di Gatsby; costui esclama: «Ma perdio! Ci andavano a centinaia!» E aggiunge: «Povero bastardo!».

Dopo il funerale di Gatsby Nick riflette sull’America e in questo modo la tragedia di Gatsby viene ad identificarsi con la perdita dei miti e la fine del sogno americano. Nick decide di abbandonare l’est e di tornare a casa. L’ultima sera Nick scende alla spiaggia e si stende sulla sabbia lasciandosi andare ai ricordi e gli torna alla mente la capacità di meravigliarsi di Gatsby:

«E mentre meditavo sull’antico mondo sconosciuto, pensai allo stupore di Gatsby la prima volta che individuò la luce verde all’estremità del molo di Daisy. Aveva fatto molta strada per giungere a questo prato azzurro e il suo sogno doveva essergli sembrato così vicino da non poter più sfuggire. Non sapeva che il sogno era già alle sue spalle, in quella vasta oscurità dietro la città dove i campi oscuri della repubblica si stendevano nella notte. Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C’è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia … e una bella mattina…»

In questi puntini di sospensione si sente l’attimo di disperazione di Nick e poi la ricerca di un mito che dia senso all’assurdità dell’esistenza. Il romanzo si conclude con un’ultima frase che sembra essere un poscritto:

«Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato.»

I personaggiModifica

I personaggi sono resi con realistica bravura attraverso i loro gesti, il loro aspetto e la conversazione. Nick, il narratore e in questo caso anche il testimone, che come Fitzgerald è coinvolto alla vicenda, serve a renderne più evidente lo stacco dimensionale. Presente nell’opera è il commosso sentimento elegiaco anche nelle scene più drammatiche.

Lo stileModifica

Scritto utilizzando in modo magistrale la tecnica dello scorcio, Fitzgerald riesce ad intrecciare gli avvenimenti presenti con quelli passati in nove brevi capitoli. Le scene sono concatenate rapidamente con un distacco obiettivo e la prosa, scorrevole e modulata, indica un cambiamento nella narrativa dello scrittore che si avvicina alla forma di Henry James e Joseph Conrad.

I temiModifica

Numerosi sono i temi dell’opera, tra i quali spiccano quelli della mancanza di affetti autentici, del crollo dei miti, del peccato e dell’inferno. Ma il tema principale del romanzo è quello della solitudine, della incomunicabilità e dell’indifferenza. Nessuno comunica alle lussuose feste di Gatsby, che sono invece solo “entusiastici incontri tra gente che non si conosceva neanche di nome”.

Il più solo di tutti i personaggi è appunto Gatsby nella cui lussuosa villa si svolgono quelle feste favolose alle quali egli non partecipa. Tutto ciò che avviene nella sua casa avviene per il solo scopo di poter far venire da lui Daisy.

Gatsby è il prototipo dell’uomo solo, da quando lo si vede per la prima volta nell’ora del crepuscolo fermo sul prato della sua lussuosa villa mentre guarda con gli occhi fissi la luce verde che si riflette sul pontile della casa di Daisy dall’altra parte della sponda, al momento del suo funerale. Mentre Gatsby è nella bara a Nick sembra di udire la sua voce che gli dice supplicando di fargli venire qualcuno perché così, da solo, non ce la fa più. Nick promette e dice:

«Ti farò venire qualcuno, Gatsby. Non preoccuparti. Fidati di me e ti farò venire qualcuno»

ma “non venne nessuno“. E sono proprio queste tre parole a sottolineare l’estrema solitudine di Gatsby. Nessuna parola arriva da Daisy, non c’è un fiore. L’indifferenza, che aveva caratterizzato i personaggi di Daisy e Tom,

«Erano gente indifferente, Tom e Daisy – sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel loro denaro o nella loro ampia indifferenza o in ciò che comunque li teneva uniti, e lasciavano che altri mettessero a posto il pasticcio che avevano fatto»

raggiunge l’apice nella scena del funerale dove la pioggia aumenta il senso di tristezza e di solitudine.

Il senso di solitudine, l’indifferenza nei confronti degli altri, è dovuta al fatto, come sostiene Rollo May[3] che “Quando si perde la capacità di vivere i propri miti, si perdono anche i propri dèi“.

Nel romanzo vi è un simbolo che Fitzgerald usa per dimostrare questa teoria. Si tratta degli occhi del dottor T. J. Eckleburg che si scorgono su un grande cartellone pubblicitario a metà strada tra New York e West Egg. George Wilson sconvolto dal dolore per la morte della moglie fissa quel cartellone e non riesce ad allontanare lo sguardo da quegli occhi “azzurri e giganteschi” e a Michaelis, suo vicino di casa che gli dice che dovrebbe avere una chiesa alla quale rivolgersi in momenti così tragici, egli, parlando tra di sé, mormora:

«”Dio sa quello che hai fatto, tutto quello che hai fatto […]. Ritto dietro di lui, Michaelis vide con un sussulto che stava guardando gli occhi del dottor T. J. Eckleburg che emergevano, sbiaditi e enormi, dal dissolversi della notte.”»

Non serve che l’amico gli dica che si tratta solamente di un cartellone pubblicitario, Wilson continua a fissarlo sconvolto.

Il cartellone che Wilson rimane a fissare è solamente un ingrandimento fotografico simbolo di un mondo che confonde la fotografia con la realtà, dove il denaro ha usurpato il ruolo di Dio e la pubblicità e il commercio trionfano.

Gatsby si può considerare come un “eroe romantico” nella sua accezione più lata e più profonda. Egli è infatti un personaggio destinato alla sconfitta, appare inadeguato al gretto mondo che lo circonda. È però proprio qui che risiede la sua grandezza: Gatsby infatti vive solo per un sogno ed è perfino disposto a morire per esso, un sogno chiamato Daisy. Un amore dal sapore universale ed esistenziale. La reggia, le macchine, il denaro, nulla ha importanza; paradossalmente la statura morale e spirituale del personaggio è immensa, e finisce così per nascondere il suo passato oscuro e criminoso. Gatsby incarna la più istintiva purezza della natura umana, è proprio il suo desiderio così genuino che non gli darà scampo portandolo a una sorta di autodistruzione. La fine di Gatsby è infatti emotivo-passionale, la morte fisica ne è solo un semplice corollario.

La fortuna dell’operaModifica

Il romanzo venne tradotto per la prima volta in Italia nel 1936 da C. Giardini con il titolo Gatsby il magnifico e nel 1950 da Fernanda Pivano con il titolo Il grande Gatsby.

Il film Il grande Gatsby del 1926

Il libro venne rappresentato sulle scene nel 1926 dal drammaturgo Owen Davis e in opera musicale nel 1999 da John Harbison. Da esso furono tratte anche quattro versioni cinematografiche: la versione muta del 1926, la versione del 1949 del regista Elliott Nugent interpretato da Alan Ladd e quella del 1974 con la regia di Jack Clayton e la sceneggiatura di Francis Ford Coppola interpretato da Robert Redford e Mia Farrow; la quarta versione cinematografica è uscita nelle sale italiane il 16 maggio del 2013 a firma del regista Baz Luhrmann con Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire e Carey Mulligan. Questa pellicola ha inaugurato il 66° Festival di Cannes.

Edizioni italianeModifica

  • Francis Scott Fitzgerald, Gatsby il magnifico, traduzione di Cesare Giardini, collana “I romanzi della palma” n. 89, Mondadori, Milano, 1936, pp. 84 pp.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Fernanda Pivano, collana “Medusa” n. 255 (poi ne “I capolavori della Medusa”, 1970), Mondadori, 1950, pp. 193 pp.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, trad, di Fernanda Pivano, collana “Il bosco” n. 31, Mondadori, 1958, pp. 180 pp.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Fernanda Pivano, collana “Oscar” n. 35, Mondadori, 1965, pp. 182 pp. (260 pp. dalla ed. 1970 con introduzione).
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Fernanda Pivano, in Opere, collana “I Meridiani“, Mondadori, 1972, pp. ?-?.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Fernanda Pivano, collana “Biblioteca Mondadori”, Mondadori, 1974, pp. 203 pp.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Fernanda Pivano, collana “Oscar classici moderni” n. 5, Mondadori, 1988, XVI-182 pp, ISBN 978-88-04-49304-4.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, a cura di Tommaso Pisanti, collana “GTE” n. 27, Newton Compton, Roma, 1989, pp. 186 pp.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, a cura di Alberto Cristofori, collana “La bottega del lettore” con 1 fascicolo di strumenti per l’analisi del testo (47 pp.), Bruno Mondadori, Milano, 1993, pp. 173 pp, ISBN 88-424-3070-6.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, con acquarelli di Hans Hillmann, ed. fuori commercio, Olivetti, Ivrea, 1995, pp. 124 pp.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Fernanda Pivano, collana “I miti” n. 42, Mondadori, 1996, pp. 220 pp, ISBN 88-04-41833-8.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, a cura di Gianfranca Balestra, trad. di Roberto Serrai, collana “Letteratura universale Marsilio” n. 254, Marsilio, Venezia, 2011, pp. 430 pp, ISBN 978-88-317-0770-1.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, introduzione di Alessandro Piperno, trad. di Fernanda Pivano, collana “La Biblioteca di Repubblica. I grandi della letteratura” n. 11, Gruppo Editoriale L’Espresso, Roma, 2011, pp. 191 pp.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, introduzione di Walter Mauro, trad. di Bruno Armando, collana “GTE” n. 670, Newton Compton, 2011, pp. 192 pp, ISBN 978-88-541-2447-9.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, introduzione e trad. di Massimo Bocchiola, collana “I grandi romanzi BUR“, Rizzoli, Milano, 2011, pp. 218 pp, ISBN 978-88-17-05064-7.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Alessio Cupardo, collana “Classici tascabili” n. 27, Dalai, Milano, 2011, pp. 205 pp, ISBN 978-88-6073-975-9.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Fernanda Pivano, collana “ET” n. 1672, Einaudi, Torino, 2011, pp. 162 pp, ISBN 978-88-06-20830-1.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Franca Cavagnoli, collana “UEFn. 2227, Feltrinelli, Milano, 2011, pp. 230 pp, ISBN 978-88-07-82227-8.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, prefazione di Sara Antonelli, trad. e postfazione di Tommaso Pincio, collana “Minimum classics”, minimum fax, Roma, 2011, pp. 246 pp, ISBN 978-88-7521-300-8.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Nicola Manuppelli, collana “Originals”, Mattioli 1885, Fidenza, 2012, pp. 180 pp.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, introduzione di Walter Mauro, premesse di Massimo Bacigalupo, Giancarlo Buzzi e Walter Mauro, in I grandi romanzi e i racconti, collana “Mammut” n. 117, Newton Compton, 2012, pp. ?-?, ISBN 978-88-541-4104-9.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Bruno Armando, collana “Live” n. 2, Newton Compton, 2013, pp. 125 pp, ISBN 978-88-541-5142-0.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, traduzione di Fernanda Pivano, Oscar Mondadori, Milano, 2013, pp. 199 pp, ISBN 978-88-04-63216-0.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, trad. di Ferruccio Russo, Classici n. 1, Edizioni Scientifiche e Artistiche, Napoli, 2013, pp. 144, ISBN 978-88-95430-76-8.
  • Francis Scott Fitzgerald, The Great Gatsby (eBook in inglese), Infilaindiana Edizioni, 2014, ISBN 978-88-98369-81-2

Genere: Romanzo

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