Donald Trump, Presidente degli USA. Donald Trump, Presidente degli Usa. Bisogna ripeterlo, riflettere e concertarsi per capire che non si tratta di uno scherzo. Giuro che davanti i dati dell’insostituibile #MaratonaMentana, non si poteva che essere impietriti e attoniti davanti il concretizzarsi di questo passaggio storico (perché di questo si tratta). Ancora adesso nel pronunciare queste parole si prova un misto di incredulità, stupore e preoccupazione davanti ad un evento ritenuto semplicemente fantascienza fino alle 2:00 circa di mercoledì 9 novembre. Per capirci è come se il cinepanettone di Natale fosse in lista per il premio Oscar, Gigi D’Alessio annunciasse un duetto con Bruce Springsteen, la biografia di Icardi diventasse best seller mondiale e che so Verdini diventasse padre Costituente ( ops, vabbè lasciamo perdere). Oltre lo shock, la preoccupazione e (almeno da parte di chi scrive) l’indignazione per l’elezione di un miliardario mitomane, razzista alla Casa Bianca, cosa ci dicono queste presidenziali americane?
ELEZIONI USA: L’ANALISI DEL VOTO
Partiamo dai dati. Complessivamente la Clinton ottiene più voti del Tycoon ma perde. Il confronto diventa impietoso, però, se si confrontano i voti ottenuti nelle due elezioni di Obama. I dem nel 2008 avevano raccolto 69,4 milioni di voti, nel 2012 65,9 milioni e pochi giorni fa solamente 59,6 milioni. In sostanza i Repubblicani, nonostante Trump, mantengono intatto il loro bacino elettorale (fisso intorno i 60 milioni di voti), i democratici cedono di schianto. Si deduce prima di tutto che la Clinton fosse la candidata sbagliata. Questo lo si era capito anche dalle primarie in cui Sanders, partito come outsider, era riuscito ad impensierire l’ex first lady sostenuta da tutto l’apparato. Primarie vinte con brogli come dimostrato dalle mail sbucate fuori durante la campagna elettorale. Sanders avrebbe vinto contro Trump? La risposta non si avrà e non si saprà mai, ma guardando i flussi elettorali appare evidente come avrebbe rappresentato un leader inclusivo verso alcune fasce della popolazione “ostili” alla Clinton.
Ancor più esaustive sono le diapositive pubblicate da Lettera43, sia su dati globali sia riguardo gli stati chiave per la vittoria repubblicana, i cosidetti Swing States.
In punti sintetici cosa ci dicono questi numeri:
- Le chiavi di lettura che sbilanciano il risultato sono: la residenza in aree rurali o urbane e il livello d’istruzione. Votano per Trump il 72% degli uomini bianchi senza laurea e il 62% delle donne.
- Hillary perde voti rispetto ad Obama tra i latinos e gli afroamericani. In questa fascia i democrat comunque stravincono ma non tanto quanto ci si aspettasse viste l’esternazioni di Trump.
- L’america rurale, bianca, appartenente alla classe media è rimasta delusa da Obama e per rigetto si è gettato nell’estrema destra di Trump. Proprio su questa fascia di popolazione è da ricercarsi il successo repubblicano: per la prima volta, i bianchi operai di america hanno votato come una maggioranza compatta puntando su “The Donald”. Le parole chiave sono per l’appunto rednecks, i lavoratori poveri degli Stati del Sud ( rednecks sta per collo rosso, collo scottato dal sole) e i blue collar, gli operai delle grandi fabbriche del MidWest.
ELEZIONI USA: SU COSA DOBBIAMO RIFLETTERE
Il dato incontrovertibile delle elezioni USA, riguarda il voto contro l’establishment. Gli americani hanno scelto non ascoltando un giornale ( per la prima volta nella storia nessuno sosteneva Trump), una tv ( moderatamente la Fox ha aperto ai repubblicani) o Wall Street. Hanno deciso di punire sonoramente un esponente di quel gruppo di potere che li ha costretti a numerosi sacrifici, alla perdita di numerosi diritti sul posto di lavoro. Hanno ribaltato la logica del “meno peggio” e la mitologia del voto moderato. Il discorso, così, diventa praticamente globale: Italia, Francia, Olanda, Usa, Gran Bretagna sono tutti Paesi in cui la crisi ha falcidiato la middle class. La storia ci insegna che ad una forte crisi economica segue sempre un aumento delle pulsioni sociali più forti su tutte la paura e in alcuni casi l’odio che si declinano sempre verso lo straniero, l’altro, le minoranze. Ecco, dunque, il tratto comune dei Salvini, Le Pen, Trump, o se vogliamo anche della Brexit: porsi contro i poteri forti,in apparenza, e indirizzare concretamente la rabbia verso coloro che hanno poco o nulla. In un gioco al massacro, in cui la grande sconfitta è la civiltà.
Crisi di rappresentanza, assenza completa dei corpi intermedi, crack di un sistema. L’equilibrio economico/finanziario è stato causa di elevate distorsioni nella distribuzione del reddito, dal 2008 in poi, infatti, la forbice tra i pochi che hanno tanto e i molti che hanno poco è aumentata sempre di più, le politiche della stragrande maggioranza dei governi hanno azzannato ed indebolito i pilastri del welfare state. Un voto contro tutto questo era ed è sicuramente auspicabile, ma manca il tassello cruciale, il punto cardine: manca l’idea e la progettualità di una visione positiva completamente alternativa. Una volta si sarebbe detto l’ideologia. Questo vuoto, questa assenza viene cavalcata dal nichilismo populista e alla proposta si sostituisce un enorme Fuck. Fuck: non c’è bisogno di dimostrare quello che si dice, nessuno chiederà spiegazioni sulle conseguenza di una dichiarazione avventata, nessuno si informerà sulla credibilità e sulle competenze del leader di turno. L’importante è apparire contro. Resta questa la conseguenza più grave: la mancanza di futuro. Obama aveva vinto con 3 parole chiave: Yes We Can, Forward, Hope. Trump vince con Fear, paura. Si ribalta il paradigma, si torna indietro.
La sfida negli Usa, ma non solo, resta l’affermazione di uno spazio politico, sociale e civile profondamente e radicalmente opposto sia verso lo status quo, l’establishment che genera la rabbia, sia da quelli che la cavalcano senza alcuno scrupolo. La lezione per tutti è che non può esistere la sinistra che sia democratica o più radicale se ci si dimentica delle persone e si gioca solamente a cercare l’appoggio dei gruppi di potere economico, industriali, finanziari e giornalistici. In quel caso si sceglie la destra e quella peggiore.