Per parlare di cinema italiano è imprescindibile non partire dal più grande di tutti: Federico Fellini, il più celebre, il più osannato e premiato dei registi italiani, poeta insuperato dell’autobiografismo di finzione e della visionarietà onirica, con la sua piccola folla di personaggi memorabili, pervasi da una ricca satira ma anche velata da una sottile malinconia.
Nato a Rimini nel 1920, lavora dopo il trasferimento a Roma come abile vignettista umoristico e giornalista, e viene invitato da Roberto Rossellini a collaborare per la sceneggiatura di “Roma Città Aperta”. Il suo vero esordio alla regia arriva successivamente nel 1952 con “Lo sceicco bianco” e il suo primo vero successo arriva l’anno successivo con “I Vitelloni”.
Tra i suoi premi 4 Oscar al Miglior Film Straniero (La Strada, Le Notti di Cabiria, 8 1/2, Amarcord) e una Palma d’Oro a Cannes nel 1960 (La Dolce Vita).
Ecco la Top5 dei suoi film, secondo “L’Indifferenziato”.
5) I Vitelloni, 1953
E’ un affresco generazionale su un gruppo di giovani (tra i quali Alberto Sordi) affetti dal complesso di Peter Pan e sul loro disagio nell’entrare nella maturità. Per questo film il cineasta romagnolo sarà premiato al Festival di Venezia con il Leone d’Argento.
4) La Strada, 1954
Fellini in questa pellicola ci racconta una favola commovente centrata su due strampalati artisti di strada che percorrono l’Italia dell’immediato dopoguerra, Gelsomina (interpretata da sua moglie Giulietta Masina), giovane donna semplice, ingenua e umile, non intelligente ma ricca di amore e poesia, che riesce a spezzare la corazza del freddo Zampanò (Anthony Quinn) solo con la sua morte. Gelsomina diventa l’emblema di tutti i personaggi umili, ingenui e di buon cuore che affollano i suoi primi lungometraggi.
3) Le Notti di Cabiria, 1957
E’ un intenso ritratto della prostituta dal “cuore d’oro”, che vale alla Masina il premio quale miglior attrice al Festival di Cannes oltreché il secondo Oscar per Fellini. Con questo film si conclude la prima fase della sua poetica, legata alla caduta delle sue illusioni e al disvelamento della personalità nascosta dei personaggi, e del suo stile, ancora influenzato da echi del neorealismo.
2) Amarcord, 1973
Rivisitazione onirico-nostalgica della sua prima giovinezza che impone personaggi indimenticabili come la Gradisca, la tabaccaia dal seno straripante, e che, con la levità del taglio ironico, riconcilia l’autore con buona parte della critica e il grande pubblico. Amarcord è senza dubbio il più autobiografico dei film del regista riminese: il titolo stesso è un’affermazione e una conferma di ciò – a m’arcord “mi ricordo”.
1) 8½, 1963
Film rivoluzionario nella struttura narrativa che mescola realtà e sogno, fantasie visive e finzioni di messa in scena, casting e riprese sul set, e che, nelle sue parole, è «un viaggio all’interno della crisi dell’uomo contemporaneo, il quale non può fare a meno di entrare fino in fondo nella sua confusione attuale, confrontandosi con tutte le parti di sé stesso e con tutti i personaggi, i fantasmi, e i mostri dentro e fuori di lui, per arrivare ad accettarli, ad amarli, ad assegnare a ognuno il proprio posto e la propria funzione, fino a unificarli in una sintesi creativa che rappresenta il nuovo equilibrio raggiunto dalla propria personalità in evoluzione».