Terra di conquista, ma soprattutto terra di investimenti e di riciclaggio: è soprattutto questo il Lazio per le organizzazioni mafiose, secondo il Rapporto censito dall’Osservatorio Tecnico Scientifico per la legalità, Le Mafie nel Lazio, pubblicato venerdì 20 marzo. 88 clan presenti sul territorio regionale, 834 persone indagate nel biennio 2012-2014, 593 beni mobili, 849 beni immobili e 339 imprese confiscate nel solo 2014, 1447 persone segnalate alle autorità per violazione della normativa antidroga. Nella nostra regione sono presenti attivamente 35 clan appartenenti alla ‘ndrangheta, 16 a Cosa nostra, 29 alla camorra, 2 alla sacra corona unita e 6 mafie autoctone. Per quanto riguarda la Provincia di Frosinone è segnalata la presenza dei Clan Avignone-Zagaria- Viola della ‘Ndrangheta, dei gruppi camorristici dei Casalesi, Belforte, Mallardo, Ex Alfieri e Tolomelli, delle bande facenti riferimento ai Clan Di Silvio e Spada, e dei Trane della Sacra Corona Unita.
Ancora oggi nonostante questi numeri siano impressionanti per gravità e quantità, nell’opinione pubblica è diffusa la sensazione di vivere tutto sommato in luoghi dove la mafia non esiste. Negare e minimizzare è il regalo più grande che si possa fare alla malavita che ha adottato in particolar modo su questo territorio una precisa strategia: fare poco rumore, fare molti affari. Nell’incipit del rapporto si può leggere ” La nostra regione non è terra di mafia, ma terra per le mafie, un territorio appetibile per i boss. Qui le cosche non puntano al controllo militare del territorio, ma al controllo di pezzi del tessuto economico-produttivo. Ma se il Lazio non è, sotto il profilo della penetrazione criminale, né la Calabria né la Sicilia , è certamente terra di investimenti per le organizzazioni mafiose per le quali rappresenta un territorio strategico per il suo dinamismo economico, per le capacità imprenditoriali della sua gente, per la ricchezza che produce e per essere il cuore del potere politico”. Poco clamore quindi ma uno stretto rapporto con i colletti bianchi e i ceti imprenditoriali della regione. Il territorio, dalla Capitale alle Province, dunque diviene un’immensa lavanderia che inquina il tessuto economico-sociale e produttivo del Lazio. Come si muove questa ragnatela criminale? Il riciclaggio, come abbiamo visto, ma anche acquisizioni di imprese, terreni e immobili sfruttando i proventi ricavati dalle attività illecite. Azioni che appaiono distanti tra loro ma che hanno un unico filo conduttore.
Un altro dato molto importante riguarda la pax mafiosa tra i vari gruppi; non c’è un’organizzazione che tenta di emergere sulle altre, ma si cercano invece alleanze, cooperazioni volte alla creazione di vere e proprie holding criminali. E’ la mafia dei “colletti bianchi, dei professionisti, dei canali istituzionali deviati, delle cricche e degli amici degli amici, in un’immagine è il mondo delineato dall’inchiesta Mafia Capitale.
La Mafia nella provincia di Frosinone
Già nel 1991 la commissione parlamentare antimafia evidenziò pesanti infiltrazioni camorristiche nei lavori di realizzazione della terza corsia dell’Autostrada del Sole: sette lotti di lavori su undici furono controllati
dai Nuvoletta (proprietario della Bitum-Beton) e dai Moccia di Afragola. Successivamente il rapporto ha evidenziato le azioni malavitose nell’intorno di Coreno Ausonio, con attentati che hanno distrutto scavatori e altri macchinari utilizzati nell’estrazione del marmo, e ha ripercorso le principali azioni delle forze dell’ordine tra le quali è bene ricordare l’operazione “Ausonia” del 26.11.2002 nel corso della quale sono stati sequestrati beni per un valore di 60 milioni di euro ritenuti frutto di riciclaggio o reimpiego dei capitali illecitamente acquisiti dal clan dei Casalesi ed in particolare dalla famiglia riconducibile a Francesco Schiavone e quella del gennaio del 2005 della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, che ha visto l’arresto di ben 19 esponenti del clan camorristico Esposito-Muzzone, operante anche nel territorio di Cassino”.
Il Radicamento. Secondo il Presidente della Corte d’Appello di Roma, nel documento di inaugurazione dell’anno giudiziario 2014, “Frosinone, sia per la sua posizione baricentrica tra Roma e Napoli, sia per la presenza degli importanti insediamenti industriali, genera l’interesse della criminalità di matrice camorrista. La vicinanza dei territori direttamente controllati dai casalesi e lo scarso radicamento della criminalità locale pongono l’esponente di un clan camorrista che si insedia su tale territorio, in una posizione di assoluta egemonia.….In tali “tranquille” realtà territoriali infatti – continua nel documento – l’assoggettamento si realizza automaticamente, senza necessità di inutili minacce, cosicché l’organizzazione camorrista si atteggia con una presenza meno invasiva, assumendo iniziative violente e clamorose solo nei rari casi in cui ciò è indispensabile.
Particolarmente critica è la questione riguardante il traffico di stupefacenti nel quale gruppi di origine albanese, rom e criminali autoctoni si tengono in contatto con malavitosi fornitori campani. Non poteva mancare nel rapporto, il caso della Sala Bingo di Ferentino incendiata ben quattro volte. Come opportunamente sottolineato dalla Direzione Nazionale Antimafia : “veniva in particolare in rilievo la figura di La Ventura Vincenzo, già presidente
dell’associazione di categoria Ascob (associazione concessionari del bingo), che sfruttando la sua figura istituzionale del settore, interveniva sugli esercizi in difficoltà economica, per acquisirne la gestione, e per consentire ai suoi referenti della criminalità organizzata, di investire in altre sale gioco d’Italia. Tale modus operandi veniva riscontrato a proposito della sala bingo di Ferentino, oggetto di reiterati attentati, per la quale il titolare Martini si era rivolto a La Ventura per avere un aiuto. Costui si era insinuato nell’ attività divenendo l’amministratore formale della società “Figli delle stelle tre s.r.l” creata per la gestione della citata sala bingo ed aveva poi estromesso il Martini.”
Questa deve essere la battaglia di tutti i cittadini onesti, dei rappresentanti sani delle istituzioni che hanno l’obbligo e il dovere di difendere l’onore delle stesse, degli imprenditori che devono essere liberi di poter svolgere la loro attività, ma anche e soprattutto dei giovani che devono costruire una nuova coscienza civica. E’ una sfida, insomma, che va ben oltre i concetti, a volte abusati, di legalità e anti-mafia, ma che deve portare a difendere il senso più profondo del lavoro, della giustizia sociale e quindi della democrazia stessa.
Appendice
In allegato nella gallery alcuni dati estrapolati dal report “Le Mafie Nel Lazio”.