Quest’estate 2014, sportivamente parlando, di certo verrà ricordata per il flop della Nazionale Italiana di calcio e soprattutto per l’impresa di Vincenzo Nibali al Tour de France e con il suo arrivo trionfale su les Champs Élysées a Parigi. Un successo italiano che mancava da ben 16 anni, quando Marco Pantani seppe far emozionare molti sportivi e con le successive tragiche vicende disaffezionare i tifosi. Un’ opinione pubblica italiana alquanto fredda nei confronti di questo successo dell’Italia, sì di quella nazione che si sente unità solo ogni quattro anni per seguire i mondiali di calcio. Tralasciando i giornali sportivi e le trasmissioni di genere, nei telegiornali o nei quotidiani la faccia sorridente e vincente dello Squalo dello Stretto è sempre stata relegata in fondo ad una pagina o nei titoli di coda dei telegiornali. A volte il lato sportivo è stato lasciato volutamente in secondo piano per dar spazio a fantomatiche quanto ingiuriose accuse al corridore siciliano e all’intero ciclismo. Il sistema ciclismo ha sbagliato, dove le vittime prima che i tifosi sono stati i corridori stessi, e il ciclismo da questi errori ha imparato. Non tutti sanno della rivoluzione che c’è stata da qualche anno, con il Passaporto biologico, dove vengono inseriti tutti i valori dei ciclisti e soprattutto la loro posizione fisica per poter ricevere controlli a sorpresa dall’antidoping. E’ normale che poi ci sia chi vuol fare il furbo e che venga subito “pizzicato”, ma di atleti così ce ne sono in tutti gli sport. Questa poca attenzione mediatica si rispecchia anche nella parola “doping”, guai a fare controlli seri su calciatori o tennisti, forse perché il ciclismo, uno sport, ha meno introiti di “giochi” come il tennis o il calcio. Lo spettacolo del ciclismo per il tifoso è gratis, inimmaginabili sono l’emozioni delle salite mitiche o vedere le strade inondate dalla passione dei tifosi, uno sport che unisce e non divide, vedere tifosi francesi, italiani, belgi, spagnoli fare festa senza alcuna divisione, penso sia l’apoteosi sportiva, e tutto questo al Tour viene elevato all’ennesima potenza. Di questo si dovrebbe parlare.
Si parla di terzo evento sportivo per importanza dopo le Olimpiadi e appunto i Mondiali di Calcio, ma a differenza il Tour è un evento annuale. Questo merito si deve ad una nazione, la Francia, che ha saputo “vendere” un suo marchio ora riconosciuto in tutto il mondo. Il distacco con il giro d’Italia è clamoroso. E quest’anno è ancora più bello, perché sul tetto del mondo ci siamo noi con Vincenzo Nibali. Una carriera in progressione, nel 2010 podio al Giro d’Italia e vincitore della Vuelta d’Espagna, nel 2011 podio al Giro, nel 2012 podio al Tour, nel 2013 vittoria al Giro e podio alla Vuelta e infine questa consacrazione, la maglia gialla del Tour. Vittoria che proietta il nostro campione nell’Olimpo dei grandi, di chi ha vinto tutte e tre le grandi corse a tappe (è il sesto dopo Anquetil, Merckx, Gimondi, Hinault e Contador). Però si aggiungono anche i detrattori, quelli dei se e dei ma, ma i risultati parlano chiaro, Contador e Froome non hanno vinto il Tour, l’ha vinto Nibali, dimostrando la sua superiorità con ben quattro successi di tappa e il gioellino sul pavé. E non è finita qui, per l’anno prossimo pare voglia tentare l’accoppiata Giro-Tour. Un successo che speriamo riporti in cammino il movimento ciclistico Italiano. Intanto in questa bizzarra estate ci tocca festeggiare un grande campione, Vincenzo Nibali. Via alla festa con caroselli, cori squarciagola, vuvuzela ecc…
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