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25 Aprile 2014: Viva L’Italia che resiste (2^edizione)

L’ Associazione Culturale L’Indifferenziato ha deciso di rinnovare il suo impegno nella creazione e nello sviluppo della manifestazione “Viva l’Italia Che Resiste”: il 25 Aprile 2014, infatti, si terrà la seconda edizione dell’evento organizzato in occasione della Festa della Liberazione.  Il felice esito dell’Aprile scorso ci rende, da una parte, orgogliosi del percorso che abbiamo intrapreso, dall’altra, coscienti dell’importanza e della scottante attualità delle tematiche collegate alla Resistenza italiana. Lavoriamo, a questo progetto, essendo fermamente convinti dell’importanza storica che questo particolare e drammatico periodo ha avuto nel nostro Paese, consapevoli di dover ringraziare ed onorare dei giovani come noi per la nostra libertà, certi dell’importanza e dell’esigenza di una profonda riflessione sulla nostra democrazia. Continuiamo il nostro percorso perché c’è bisogno di Resistere, oggi come ieri, di fronte ai soprusi dei potenti, di fronte ad una società ingiusta che continua a far crescere le disuguaglianze, di fronte a tutte le negazioni dei diritti alle quali assistiamo quotidianamente. Sentiamo il bisogno di ribadire ancora una volta l’importanza dei principi della Costituzione che sono la base ideale della nostra associazione, dai quali siamo mossi e che oggi più che mai vengono messi continuamente in discussione. Insomma non ci rassegniamo all’assurda ed inconcepibile idea che questa sia una festa morta e che questi principi siano antichi.

Partigiani_sfilano_per_le_strade_di_milanoPer la seconda edizione, abbiamo deciso di abbracciare l’arte del teatro ai valori della resistenza: andrà infatti in scena a San Giovanni Incarico, lo spettacolo teatrale “Drug Gojko” dell’attore viterbese, Pietro Benedetti. Ringraziamo calorosamente il presidente dell’Anpi della provincia di Frosinone, Giovanni Morsillo, per il suo ausilio nella creazione dell’evento. SUL NOSTRO PORTALE E SULLA PAGINA FACEBOOK DELL’INDIFFERENZIATO, NEI PROSSIMI GIORNI, SARANNO COMUNICATI L’ORARIO E IL LUOGO DI SVOLGIMENTO DELLA MANIFESTAZIONE.

Lo spettacolo, “Drug Gojko”, andato in scena in importanti città italiane come Parma, Viterbo, Roma narra, come si evince dalla sua scheda di presentazione, sotto-forma di monologo, le vicende di Nello Marignoli, classe 1923, gommista viterbese, radiotelegrafista della Marina militare italiana sul fronte greco – albanese e, a seguito dell’8 settembre 1943, combattente partigiano nell’Esercito popolare di liberazione jugoslavo. Lo spettacolo, che si avvale della testimonianza diretta di Marignoli, riguarda la storia locale, nazionale ed europea assieme, nel dramma individuale e collettivo della Seconda guerra mondiale. Una storia militare, civile e sociale, riassunta nei trascorsi di un artigiano, vulcanizzatore, del Novecento, rievocati con un innato stile narrativo, emozionante quanto privo di retorica.

Nota di Antonello Ricci sullo spettacolo Drug Gojko di Pietro Benedetti

«QUELLO CHE DICO, DICO POCO»

L’inizio è sul dragamine Rovigno: una croce uncinata issata al posto del tricolore. Il finale è l’abbraccio tra madre e figlio, finalmente ritrovati, nella città in macerie.
Così vuole l’epos popolare. Così dispiega la sua odissea di guerra un bravo narratore: secondo il più convenzionale degli schemi, in ordine cronologico.
Ma mulinelli si aprono, di continuo, nel flusso del racconto. Rompono la superficie dello schema complessivo, lo increspano, lo fanno singhiozzare magari fino a contraddirlo: parentesi, divagazioni, digressioni, precisazioni, correzioni, rettifiche, commenti, esempi, sentenze, morali.
Così, proprio così Nello racconta il suo racconto di guerra. Nello Marignoli da Viterbo: gommista in tempo di pace; in guerra, invece, prima soldato della Regia Marina italica e poi radiotelegrafista nella resistenza jugoslava.
Nello è narratore di straordinaria intensità. Tesse trame per dettagli e per figure, una dopo l’altra, una più bella dell’altra: la ricezione in cuffia, l’8 settembre, dell’armistizio; il disprezzo tedesco di fronte al tricolore ammainato; l’idea di segare nottetempo le catene al dragamine e tentare la fuga in mare aperto; il barbiere nel campo di prigionia: «un ometto insignificante» che si rivela ufficiale della Decima Brigata Herzegovaska; le piastrine degli italiani trucidati dai nazisti: poveri figli col cranio sfondato e quelle misere giacchette a -20°; il cadavere del soldato tedesco con la foto di sua moglie stretta nel pugno; lo zoccolo pietoso del cavallo che risparmia i corpi senza vita sul sentiero; il lasciapassare partigiano e la picara «locomotiva umana», tutta muscoli e nervi e barba lunga, che percorre a piedi l’Italia, da Trieste a Viterbo; la stella rossa sul berretto che indispettisce i camion anglo-americani e non li fa fermare; la visione infine, terribile, assoluta, della città in macerie.
Ma soprattutto un’idea ferma: la certezza che le parole non ce la faranno a tener dietro, ad accogliere e contenere, a garantire forma compiuta e un senso permanente all’immane sciagura scampata dal superstite (e testimone).

 

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Umberto Zimarri
..Io, giullare da niente, ma indignato, anch'io qui canto con parola sfinita, con un ruggito che diventa belato, ma a te dedico queste parole da poco che sottendono solo un vizio antico sperando però che tu non le prenda come un gioco, tu, ipocrita uditore, mio simile... mio amico...

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