Il prossimo mese (maggio 2013), a meno di ulteriori rinvii, verrà pubblicato il DSM-V, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Considerato da molti il testo sacro della psichiatria, è una sorta di enciclopedia medica contenente la classificazione dei vari disordini mentali. Redatto dall’APA (American Psychiatric Association), viene consultato dagli psichiatri di tutto il mondo per fare diagnosi e prescrivere farmaci. Molti però lo considerano, più che un manuale diagnostico, un trattato di semiotica perché non dà in alcun modo indicazioni di trattamento. Attraverso l’interpretazione dei segni sul paziente, il DSM cataloga e dà un nome alla malattia mentale.
La psichiatria, come fonte di conoscenza umana si pone come scienza, pur non utilizzando criteri propriamente scientifici: è indiscusso il suo valore come strumento terapeutico quando è in mani competenti ma c’è un naturale consenso sui suoi limiti come scienza di certezze.
Perché?
Le ragioni vanno ricercate nell’oggetto di studio: la malattia mentale. La mente non è un organo ma un’entità astratta che non è visibile e misurabile attraverso esami e strumentazioni scientifiche. Ci troviamo inevitabilmente nel campo della soggettività e ciò comporta una serie di difficoltà nel diagnosticare obiettivamente un disturbo mentale.
Il rischio maggiore è quello di utilizzare la psichiatria come uno strumento di potere e controllo sociale.
Provo a chiarire il concetto.
Lo standard scientifico di malattia, da Virchow in avanti, è fissato in criteri biologici e fisici (una lesione di cellula, tessuto, organo o apparato) oggettivamente identificabili che limitano l’arbitrarietà e il potere del medico. La medicina mette a disposizione strumenti che permettono esami clinici oggettivi (elettrocardiogrammi, TAC, risonanze magnetiche, radiografie, esami del sangue, biopsie, ecc.).
Nell’impossibilità di applicare il metodo di Virchow, lo standard psicopatologico attuale di malattia mentale lascia invece ad un gruppo ristretto di persone, la possibilità di stabilire cosa è sano e cosa è malato. E’ ciò che avviene con il DSM: un gruppo di esperti si riunisce e decide, attraverso criteri concordati, quali comportamenti devono essere considerati disturbi mentali. Una nuova malattia mentale nasce dall’accordo di un gruppo di persone e non da una scoperta scientifica. Il grosso rischio è quello di veder inserito un comportamento umano solo perché appare bizzarro, anomalo o non condivisibile, tra le malattie mentali: questo è stigmatizzare, etichettare e non fare scienza. Gli psichiatri dispongono solo di conoscenze teoriche e pillole: niente da esaminare sotto il microscopio, niente su cui cercare dati oggettivi e incontrovertibili.
Nel 1952, prima edizione del DSM, i disturbi psichici elencati nel manuale erano 112, nell’ultima edizione sono arrivati a 374 ed è facile pronosticare un numero vicino ai 400 nell’imminente DSM-V. La proliferazione delle malattie mentali ha portato a considerare patologico anche abitudini e scelte di vita “particolari”.
Questo metodo ha delle somiglianze notevoli con quanto avveniva agli inizi del 1600. L’interpretazione degli eventi e dei fenomeni si basava sul “principio di autorità” (fortemente criticato da Galilei). Chi deteneva il potere decideva come stavano le cose, cosa era giusto o sbagliato, perché pioveva o c’era il sole.
Più di recente, sul finire dell’Ottocento, il barone Richard von Krafft-Ebing, psichiatra tedesco, trasformò una serie di comportamenti considerati peccato dalla religione in malattie: dal masochismo al feticismo.
Lo psichiatra Thomas Szasz sostiene che: «le spiegazioni psichiatriche dei così definiti comportamenti anormali, ci invitano a prestare maggiore attenzione a ciò che noi consideriamo una spiegazione. Chiamare un miracolo con il nome di transustanziazione, ci spiega che cosa è avvenuto? Definire la pedofilia una malattia mentale, spiega il fenomeno? Forse il nostro vero concetto di spiegazione, inquadrato nel linguaggio ordinario, è influenzato da preconcetti diffusi e da pregiudizi ben cementati. La valutazione di quale sia un comportamento anormale è di tipo culturale, etico, religioso e legale, non medica o scientifica».
L’uscita del DSM-V è stata più volte rinviata a seguito delle numerose critiche e proteste di scienziati, filosofi, psicologi, medici e una parte consistente di psichiatri stessi. Le preoccupazioni principali riguardano il rischio che il nuovo manuale provochi un incremento spropositato di malati e terapie farmacologiche.
Si è molto discusso sull’abbassamento delle soglie diagnostiche per patologie già esistenti. Bambini semplicemente iperattivi potrebbero essere trasformati in pazienti affetti da sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) da curare con psicofarmaci.
I dati sono allarmanti: circa 20 milioni di bambini in tutto il mondo fanno uso di psicofarmaci che possono determinare episodi di violenza, psicosi, allucinazioni, omicidi, diabete, attacchi cardiaci. Gli antidepressivi, sono così largamente prescritti che più di 150 milioni di persone in tutto il mondo hanno assunto farmaci SSRI(Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina).
Il DSM-V vorrebbe introdurre tra le depressioni maggiori, gli effetti negativi di un lutto dopo solo due settimane dall’evento. I critici lo ritengono un tentativo di medicalizzare la società e di rendere patologiche le naturali emozioni della vita, come quella della tristezza o della disperazione per aver perso una persona cara. Tali proteste sembravano in un primo momento aver convinto l’APA a fare marcia indietro, ma le ultime notizie in merito sono contrastanti.
Un’ulteriore conferma che non ci troviamo nell’ambito dell’oggettività ma della soggettività: ad oggi la malattia mentale non si scopre, si decide.
Molto critico è il giudizio del filosofo Lou Marinoff, secondo cui «il Dsm è l’unico caso in cui una pubblicazione scientifica è decisa per votazione democratica. È un testo politico. Basti pensare al fatto che l’omosessualità è stata considerata una malattia mentale fino al 1973, anno in cui è stata rimossa in seguito all’aumentata influenza della lobby gay, non certo in seguito a “evidenze scientifiche”. Del resto, l’impatto che l’opinione pubblica ha avuto in questi ultimi mesi non è che una ulteriore conferma. Se il malumore continua, arriveranno altre modifiche».
Non bisogna dimenticare inoltre che negli ultimi tempi la psichiatria è presente sempre più frequentemente nelle aule dei tribunali con perizie e consulenze tecniche che possono essere determinanti nella formazione del giudizio finale e di conseguenza nel decidere, in un verso o nell’altro, il destino di vite umane.