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Nessuno Tocchi Caino

Il 25 aprile 2012 il Governatore Daniel Malloy ha firmato la  legge che abolisce la pena di morte nello stato del Connecticut, che dunque si aggiunge ai 16 stati americani in cui non viene più applicata l’estrema condanna. Colpiscono in maniera particolare le motivazioni espresse dal Governatore Malloy, la cui esperienza diretta in ambito giudiziario lo ha reso testimone di episodi in cui la pena di morte è stata applicata ingiustamente, in virtù di testimonianze imprecise, discriminazioni e assistenza legale di basso livello.

Negli ultimi cinque anni l’Illinois, il New Jersey, il New Mexico e lo stato di New York hanno aderito a questa ondata di cambiamento che attraversa gli States, da sempre terreno di fortissimi contrasti ideologici in tema di sentenza capitale. Nonostante tale tendenza volta a non contemplare, di fatto o di diritto, l’esecuzione, restano comunque 31 gli stati che ne fanno ricorso più o meno regolarmente.

Di recente, l’opinione pubblica è stata scossa da alcuni episodi particolarmente gravi, che hanno messo in mostra tutte le criticità di un sistema giudiziario che cozza con gli ideali democratici sbandierati dal “profondo occidente”. Nel settembre del 2011 infatti è stato giustiziato nello Stato della Georgia Troy Davis, un afroamericano di 42 anni, accusato di aver ucciso nel 1989 un agente di polizia. Risulta davvero sconcertante apprendere che sette dei nove testimoni sui quali si basava l’accusa avevano ritrattato, affermando tra l’altro di essere stati pressati dalla polizia, che agiva con il proposito di archiviare quanto prima il caso. Qualche mese prima, nel luglio del 2011, un cittadino messicano accusato di stupro e omicidio di una sedicenne era stato invece giustiziato nello Stato del Texas, nonstante il processo si fosse svolto senza che gli venissero spiegati i diritti di cui poteva avvelarsi, tra i quali la possibilità di far ricorso alle autorità del consolato messicano presenti sul territorio statunitense. In entrambi i casi la mobilitazione attuata a livello mondiale non ha sortito gli effetti sperati.

In prima linea nella lotta contro questa piaga sociale troviamo l’associazione “Nessuno Tocchi Caino“, che si pone come obiettivo principale quello di proporre una moratoria universale delle esecuzioni.

Nel Mondo sono in totale 42 i Paesi che mantengono di fatto e di diritto la pena di morte come estrema forma di punizione. Tra di essi spiccano senza dubbio Stati Uniti e Giappone, i cui ordinamenti politici possono essere definiti democrazie liberali.

Ed è proprio l’elemento democratico che cozza irrimediabilmente con il concetto stesso di sentenza capitale.

 

“Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio.”

Cesare BeccariaDei delitti e delle pene, 1763

Presso le popolazioni antiche era in uso la cosiddetta “Legge del Taglione”, di cui si trova menzione nella Bibbia ed ancor prima nel codice di Hammurabi. “Occhio per occhio, dente per dente”: l’uomo si è sempre servito di questo principio per punire i delitti più gravi.

Negli anni però, il concetto di “pena” ha subito una decisiva mutazione: non più un mezzo per castigare il soggetto che ha commesso il fatto, bensì lo strumento mediante il quale provvedere alla sua rieducazione e al suo graduale reinserimento nella realtà sociale. La pena dunque perde la finalità “afflittiva”, che l’ha da sempre contraddistinta, ed assume uno scopo “rieducativo”.

In tale contesto,  la totale discrasia di un sistema giudiziario non razionalmente accettabile si rivela in tutta la sua essenza. Come può accadere che uno dei crimini più crudeli che un essere umano possa compiere venga punito con il medesimo atto legalizzato? Se noi tutti riteniamo bieco l’atto stesso, chi ci da il diritto di praticarlo sotto mentite spoglie?

La pena di morte in nessun caso può e deve essere considerata uno strumento necessario nella società moderna, che si  è evoluta nel tempo combattendo le ingiustizie e le atrocità compiute dagli esserei umani nei confronti dei propri simili. La giustizia non è in grado si sostenere  lo sguardo di un condannato a morte.

IL FILM

Il contrasto etico sulla sentenza capitale ha ispirato molte produzioni cinematografiche. Tra i tanti contributi, uno dei film di maggiore effetto è senza dubbio “Dead Man Walking” ,  diretto nel 1995 da Tim Robbins, che vede come protagonisti Sean Penn, nei panni di un condannato nel braccio della morte, e Susan Srandon, nei panni di una suora che lo assiste nel percorso interiore che lo stesso affronta nei giorni immediatamente antecedenti l’esecuzione.

La pellicola mette a nudo tutti i limiti del sistema giudiziario americano e l’incoerenza del concetto stesso di pena di morte.

Il video di seguito proposto, mostra proprio la scena della “camminata finale dell’uomo morto” e della successiva esecuzione.

IL LIBRO

Dal cinema alla letteratura. Nel 2010 Jhon Grisham ha pubblicato il romanzo Io confesso, che racconta la storia di un giovane afroamericano condannato ingiustamente alla pena di morte.

Un libro intenso e coinvolgente, che scava nel profondo delle infinite contraddizioni della giustizia americana.

Io confesso

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