In un articolo di qualche settimana fa, Lester Burnham, prendendo spunto dagli ultimi eventi di cronaca, analizza il fenomeno della spettacolarizzazione di massa delle tragedie. Questo il link: E’ tutto un reality show!!
Si tratta di una riflessione interessante e condivisibile su una tematica delicata che può essere interpretata da diverse prospettive.
Il delitto ha da sempre costituito una forma di spettacolo e attrazione, dalle tragedie greche a quelle elisabettiane, dai sacrifici in onore di entità superiori alle esecuzioni di condanne a morte in pubblica piazza. Agli inizi degli anni 30 del Novecento, negli Usa, il rapimento del figlio del pilota transoceanico Lindbergh rappresentò l’emblema di tale spettacolarizzazione. In quel periodo l’aviatore Charles Lindbergh era uno dei personaggi più popolari del Paese per via delle sue imprese nei cieli. Tutti gli eventi, dal rapimento del piccolo (un bimbo di soli 2 anni) alle ricerche, dal ritrovamento del cadavere fino al processo dei rapitori, vennero seguiti morbosamente da un numero enorme di persone.
Epoche assai lontane e diverse tra loro che subiscono ugualmente il fascino di eventi tragici e drammatici forse proprio perchè “poco o tanto, più o meno, il male esercita la sua attrazione su ciascuno di noi” (Ugo Fornari).
Nella società moderna, dominata dai mezzi di comunicazione di massa, tutto tende a diventare spettacolo. Persino le emozioni, le angosce, le esperienze intime e strettamente personali vengono date in pasto ad una massa di spettatori avidi di sensazioni forti. Trasmissioni televisive, riviste, tg, persone famose e persone comuni, vivono di gossip e per il gossip. Siamo ossessionati dall’apparire e condizionati dall’apparenza, spesso diamo e abbiamo un’immagine distorta di noi stessi. Trovo quanto mai veritiere le parole di Benjamin Franklin, “Ci sono tre cose veramente dure: l’acciaio, il diamante e conoscere se stessi”.
Quella del nostro tempo è una società di Narcisi alla ricerca della propria immagine riflessa. L’altro rappresenta lo specchio necessario per riconoscersi. Si tratta di un’identità fatta di pretese di perfezione a cui ci obblighiamo e con cui ci opprimiamo. Senza lo specchio il narcisista sente di non poter esistere, semplicemente non è, e riemerge insopportabile quel profondo senso di insicurezza che lo caratterizza. In tale contesto, delitti ed eventi tragici rappresentano l’apice della spettacolarità. Il mondo delle notizie aspetta il peggio perché il peggio fa vendere, fa ascolti. Le vittime vengono depersonificate e i carnefici (o i presunti tali) diventano protagonisti, capri espiatori, l’impersonificazione del male.
In occasione di fatti molto gravi si utilizza sempre più spesso la parola MOSTRO. Con l’idea di mostruosità viene diffusa la convinzione di avere a che fare con comportamenti non umani, tipici di bestie e animali. Si tratta di una mistificazione della realtà. L’aggressione tra animali della stessa specie è molto rara in Natura e difficilmente porta ad esiti mortali. Il lupo vincitore non azzanna a morte il lupo vinto ma lo lascia andare, seppure quest’ultimo in atto di sottomissione gli offre la gola. La distruttività dell’uomo verso i propri simili quindi non è animale ma tipicamente umana!
Quando invece il colpevole non c’è o non si trova, si cerca comunque un responsabile che diventa il nemico. L’individuazione del nemico può essere un bisogno e una rassicurazione, permette (erroneamente) la localizzazione al di fuori di noi di tendenze aggressive e l’allontanamento di ansie insostenibili: impulsi distruttivi che ci spaventano e non si accettano ma che sono presenti dentro ognuno.
Allo stesso modo, c’è un morboso bisogno di trovare l’eroe, il buono, l’espressione del bene. Tale ricerca porta all’esaltazione dei gesti comuni, alla glorificazione dell’antimostro.
La realtà viene così scissa in percezioni completamente cattive e distruttive (i vari Schettino, Misseri, Parolisi) e percezioni completamente buone e idealizzate (i De Falco).
La verità però, ha poco degli splendori degli ideali e della morale. Non c’è solo il bianco e il nero, le cose debordano di sfumature ma non tutti o non sempre ce ne rendiamo conto o ce ne vogliamo rendere conto.
“Dove voi vedete cose ideali, io vedo cose umane, ahi, troppo umane” (Friedrich Nietzsche).
quindi secondo te questo “spettacolo” del delitto è una cosa naturale?
Più che naturale io direi umana. Nel passato si palesava con altre modalità (erano altre società) ma è innegabile che un certo fascino sugli esseri umani il delitto lo ha sempre avuto. Oggi assume forme esasperate perchè è parte della società degli eccessi(eroi o mostri, vittime o carnefici, buoni o cattivi). I mezzi di comunicazione di massa trasformano le tragedie in spettacoli di massa ma in altri tempi, gli eventi tragici, costituivano, seppur con altre modalità comunque uno “spettacolo”.
un argomento molto interessante trattato veramente bene, complimenti!
Grazie! 😉