Semaforo rosso. Tre. Due. Uno. Partiti. Due kilometri di fila su Portonaccio, roba che se uscivo con la muta e le pinne e mi fossi incamminato, una volta arrivato al semaforo, mi sarei potuto prendere anche un caffe. Magari avrei potuto anche flirtare con quella barista che mi piace tanto. Lavora da qualche mese all’angolo tra Via Marocco e Via di Portonaccio, al bar “Playa del Sol”, subito dopo il semaforo. Mora. Alta uno e settanta. Pacioccona, del tipo: “e’ tutta roba mia”. Calabrese. E io c’ho un debole per le calabresi. Riccia. E io c’ho un debole per le ricce. Insomma e’ la “Maya pic(ccc)a(hh)nte ” di Francisco Anduya.
Se entro in quel bar e’ solo per lei. Nel frattempo sono a 50 passi dal semaforo, rosso, e i capelli mi si sono allungati di un millimetro.
Sorriso ammaliante. Sguardo da gattona. La immagino stesa sullo stesso letto rosso di “Beautiful mind”, con una pioggia di arancini al ragu’ con cuore di mozzarella, che accarezzano e coprono le generose grazie, con una soffice pioggerellina .
Tanto e’ la forza della fantasia, che decido di lasciare la macchina in doppia fila, subito dopo aver passato il semaforo, miracolosamente verde. Come se Vettel, dopo aver passato il traguardo, parcheggiasse, scendesse al volo dalla vettura e si precipitasse oltre la barriera perche’ la sua vescica sta per esplodere. Stessa premura ho avuto io nell’entrare nel bar e cercare, come il suddetto cerca la scritta TOILETTE, il suo sguardo. Ne ho bisogno di quel platonico piacere. Eccola. Rimango davanti il bancone, composto, fermo, con la bocca aperta forse, e la guardo. Mi riempio del suo sorriso. Io non so piu’ che dirle quando mi sorride cosi’.
E infatti e’ lei a ordinare per me, “il solito?”. E io annuisco ancora intontito dalla sua bellezza. Stavolta ha un’aria diversa. Sembra che le piaccia, questo desiderarsi in silenzio, scrutarsi, capirsi. Tanto che arrossisce per la mia insistenza nel guardarla, quasi come si sentisse nuda. Con timore reverenziale, provo un approccio, viscido, squallidamente banale: “Sei molto carina oggi, per fortuna che ci sei te…”. Intanto tutte le persone che componevano la scenografia nel bar. Tutto ad un tratto si fiondano fuori, come se qualcuno, passando, stesse lanciando soldi.
Io, intanto, imperterrito..“ti andrebbe di uscire con me?”…”Qualche volta…” “Sai mi sembri interessante…”
Lei si volta, tutta d’un tratto. Le mie narici si riempiono del suo profumo. Il mio sangue ribolle. Si avvicina. Si tiene stretta sulla mia faccia. Mi fissa le labbra e..
“A nuci dici o surici :” Fina i mi perci tu, ‘ndaiu siccatu””… Silenzio. (…).
E me lo dici con il sorriso. Stronza. “U suri…aguabdideuggiiu”..Credo che nessun uomo al mondo si sarebbe aspettato una risposta del genere. Io me la immaginavo con la leggerezza e la purezza del “Dolce stil novo”…ma che, si sfancula cosi’ una persona??
Tempo dieci secondi, avevo: pagato il caffe’,comprato le sigarette e senza dire una parola ne alzare il capo, ero fuori il locale.
Non ci posso credere, mi ha rifiutato. Non prendevi un no dalla quinta elementare. Che schifo di giornata.
Ancora scuro in volto e con la testa abbassata, completamente immerso nei pensieri piu’ cupi.Senza voltarmi provo ad aprire la mia macchina. Al posto della maniglia, qualcosa di duro. Molto piu’ grande di una maniglia, tanto che a mano aperta non riesco a stringerla.
La ruota di un camion??
Al posto della mia macchina un tir, e la mia “Red Bull” che le faceva da muso. Il vigile che stava leggendo la targa, intento nel riportarla sul verbale per “intralcio al traffico e parcheggio in seconda fila” (250 euro), non ha potuto evitare l’affetto “spinto” del mio paraurti nel dargli una “botta”. Due costole incrinate, rotula spaccata, come la mela che aveva in testa Gualterino e forte contusione alla tibia.
Al traguardo, il tir, non si era fermato.
Si era concesso il giro di gloria.
PS:Qualsiasi riferimento a fatti o persone esistenti è puramente casuale , i nomi sono puramente inventati cosi’ come i personaggi, i luoghi presi in questione e l’infrazione commessa…
però?
Mi ricorda molto Andrea Pinketts.
Forse anche meglio!!!
Complimenti
Dimenticavo:
“dicette o’ pappice ‘nfacce a noce…… damme o’ tiempo ca te spertoso”
Però se ti ha detto così non era proprio un no…
E’ questo il risvolto ironico 😀
complimenti davvero…non mi stanco mai di farteli…ma sono ancora più sentiti per chè mi hai fatto rivivere delle emozioni leggendo quel proverbio essendo pure io calabrese verace ma lontana dalla mia Calabria purtroppo…
Io le avrei risposto “cu no ‘ccetta nu merita” anche se non era proprio un rifiuto effettivamente e poi tranquillo, da noi si dice pure che “cu nu scornu s campa nu jornu”….